Passa il Bari grazie alle prodezze di un rossazzurro mancato (De Luca, la zanzara, inutilmente sognato da Maran, nella sua prima stagione etnea) e agli errori di una difesa che, emergenza a parte, resta, con il centrocampo, il tallone di Achille di una squadra costruita malissimo. Di testa due gol su tre dei biancorossi di Devis Mangia (quanto diverso il suo ritorno al Massimino, dopo il tracollo con il Palermo di qualche stagione addietro!), conseguenza, entrambi, di incredibili errori di posizionamento della difesa catanese ma pure il terzo, che in pratica ha deciso la partita (inutili i due rigori di Rosina, generosamente concessi da Candussio), ha dato la misura dei limiti attuali (e di progetto, pure: ne sono convinto) della formazione di Beppe Sannino.
Che paga, allo stesso modo di Pellegrino, la fiducia data a Leto: l'ex Panatinaikos non era stato il peggiore in campo e, probabilmente, non era proprio lui l'uomo da sostituire nell'affannoso tentativo di recuperare il doppio svantaggio (in campo Barisic, per la prima volta) ma a nessuno può essere concesso di mandare a quel paese il suo allenatore: rifletta, Cosentino, visto che Leto non è nuovo a comportamenti siffatti (chiedere, appunto, a Pellegrino).
Poco da dire sulla partita: bene il Bari nel complesso, più squadra, di sicuro, di un Catania che piace quando attacca ma che proprio non c'è quando gli tocca arginare l'offensiva avversaria.
Domanda d'obbligo, in un dopo partita amarissimo:verso quale approdo, l'undici rossazzurro?
La bravura di Calaiò e Rosina (cinque gol, tutti su rigore) non basta ad evitare la quarta sconfitta della stagione
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