domenica 22 ottobre 2017

Catania, una brutta sconfitta. E tanti perché

Giovanni Lo Faro
Il giorno dopo Catania-Sicula Leonzio restano i perché. E soprattutto il perché di una sconfitta, la seconda della stagione dopo quella di Caserta e la prima tra le mura di casa, che nessuno s’aspettava e che, per il modo in cui è maturata, è difficile da digerire.
Il Catania schierato in campo prima del via 
I meriti della Leonzio, intanto. La squadra di Pino Rigoli ha irretito il Catania sin dal primo minuto, bissando in pratica la performance di Coppa, doppio vantaggio compreso, su un avversario in affanno, ma con esito finale stavolta ben diverso visto che all’uno-due di Squillace e Bollino, a cavallo tra i due tempi, l’undici di casa non è riuscito a replicare se non con l’incornata di Bogdan, nel finale di partita: innegabili i meriti dei bianconeri di Lentini, reattivi e lucidi nella gestione degli spazi quanto tempestivi  e cinici nel trarre profitto dalle evidenti defaillance degli uomini di Lucarelli.
Dai meriti della Leonzio ai demeriti del Catania che, dopo un filotto di vittorie (sei di fila) che l’aveva proiettato al vertice della classifica, è incappato in una giornata nerissima e, inevitabilmente, in una sconfitta che si spera non produca ulteriori effetti negativi oltre quelli che già si specchiano nella classifica.
E non si può parlare di demeriti senza accompagnarli ai tanti perché. Uno: perché Lucarelli ha deciso di stravolgere la formazione che non poco si era fatta apprezzare nella precedente gara casalinga con il Monopoli facendosi probabilmente condizionare (o no?) dalla prestazione di Siracusa, che proprio brillante, a dire di chi ha avuto modo di seguirla, non è stata, a prescindere dal risultato che l’ha suggellata? Due: perché fuori Marchese, tanto esaltato per la sua prestazione contro il Monopoli, e, soprattutto, perché fuori Russotto, bravo come pochi nell’uno contro uno e come pochi in grado di creare superiorità? Tre: perché puntare, in prima linea, su due elementi, Curiale e Ripa, che molto si assomigliano per caratteristiche di gioco, e che comunque per risultare complementari ed efficaci avrebbero bisogno di essere sostenuti da due esterni in grado di garantire la massima ampiezza possibile al gioco d’offesa? Quattro: perché Mazzarani, finto centravanti o falso nueve come amano dire di questi tempi, nella zona d’azione di Ciccio Lodi con il quale non ha mancato qualche volta di trovarsi in rotta di collisione? E potrei continuare...

Uno, cento, mille i perché di una sconfitta alla quale la squadra dovrà subito porre rimedio: quale occasione migliore della trasferta di Reggio?

domenica 15 ottobre 2017

L'Acireale all'ultimo assalto: un gol di Di Maio lancia i granata nell'alta classifica

Giovanni Lo Faro

Succede, ed è il bello del calcio. Succede che l'Acireale giochi una partita senza infamia e senza lode contro un avversario forte e rodato nella categoria, ben messo in campo, votato ad un pressing asfissiante che toglie il respiro e neutralizza sul nascere le iniziative dei bravi palleggiatori in maglia granata. Succede che nell'ordito della ragnatela ospite la formazione di Infantino veda finire impigliate, per un tempo e passa, le sue buone intenzioni e le sue rare iniziative di gioco e che dalle parti di Ingrassia non riesca a vedersi se non nell'occasione del rigore fallito da Barraco. Succede che, alla distanza, l'Igea Virtus diventi padrona del campo e che Barbieri, ultimo baluardo di un Acireale che non fa assolutamente argine a centrocampo, debba chiamare in soccorso financo i suoi Santi protettori per farla franca: nell'occasione del palo centrato dagli igeani nella prima frazione di gioco ma anche dei pericolosissimi fraseggi offensivi di Biondo e compagni a due passi dalla porta, nel secondo tempo. Succede che l'Acireale rischi seriamente di perdere una partita che peraltro non avrebbe meritato di vincere e che, in pieno recupero e all'ultimo assalto, riesca invece a farla propria con una splendida incornata di Di Maio su un calcio punizione pennellato in area da Barraco. Succede così - ed è questo il bello del calcio - che l'Acireale dia comunque un seguito alla bella vittoria di Messina e con i tre punti rafforzi classifica e morale in vista della delicatissima sfida in campo esterno con la capolista Ercolanese. Soltanto il caso, dietro questa vittoria bella e preziosa che consolida i granata nell'area di vertice della classifica? All'Acireale va di sicuro riconosciuto il merito di non avere mai mollato, di averci messo impegno e buona volontà per minimizzare gli effetti negativi inevitabilmente provocati dalle performance non proprio esaltanti di alcuni dei suoi uomini migliori, oltre che dall'assenza di Testardi che è il terminale delle sue azioni offensive, e di essere riuscito a trarre in qualche modo profitto dalle correzioni operate in corso d'opera dalla panchina (bene Pannitteri, Lordi e Scapellato) e, soprattutto, dal sostegno incessante di un pubblico che si è innamorato della maglia come ai tempi belli e che è stato capace di sostenerlo per tutti i novanta minuti. L'ovazione finale ha fatto correre i brividi sulla schiena di quanti, in passato, sono stati testimoni delle gesta dei granata, tra C1 e Serie B, e fatto venire di sicuro i lucciconi ad un uomo come Tonio Rapisarda, già amministratore delegato del club granata, oltre ad avergli dato la conferma di quel teorema del successo che aveva voluto spiegare all'amico cronista poco prima del fischio d'inizio: "Quest'Acireale - mi perdonerà Tonio se rendo pubbliche le sue parole - ha la fortuna di poter contare sugli uomini giusti. Le risorse? Se è per questo non è che ce ne fossero molte, a quei tempi, ma c’erano, di sicuro, gli uomini giusti per quella società e per quella squadra che visse l'esaltante esperienza della Serie B e che in Serie B a mio giudizio sarebbe rimasta a lungo se qualcuno non avesse voluto diversamente...”.


venerdì 13 ottobre 2017

Amarcord rossazzurro: quella domenica a Santa Maria del Focallo tra ricordi, emozioni e scampoli di buon calcio

Sfogliando oggi quell'incredibile antologia del calcio catanese che Mimmo Rapisarda ha consegnato al web (https://www.mimmorapisarda.it/CalcioCataniastoria.htm) mi sono imbattuto in un mio pezzo scritto in occasione dell'incontro di calcio tra vecchie glorie di Catania e Torino (Santa Maria del Focallo, a due passi da Ispica) e pubblicato su La Sicilia del 28 giugno 2010. Rileggendolo e, soprattutto, rivedendone le foto a corredo,  ho rivissuto quei momenti e riprovato le emozioni che resero significativa quella giornata per me ma anche, e soprattutto, per gli ex rossazzurri che avevano risposto all'appello dell'amico Nino Cantone. Fu quella, tra l'altro, l'ultima volta in cui ebbi modo di parlare con il compianto Antonio Ceccarini, ex terzino di Acireale, Catania, Avellino e Perugia. Ho pensato di riproporle, quelle poche righe, sicuro che quanti vissero con me quella splendida giornata d'estate non mancheranno di apprezzare.

Giovanni Lo Faro
 ISPICA - Il sole, da queste parti, non è mai un optional. Nel senso che illumina e riscalda le stagioni che si susseguono senza soluzione di continuità. O quasi. Tunisi sta più a nord, così l'Africa sembra essere qui, con le sue luci abbaglianti e con l'azzurro intenso del suo mare. Che è anche questo mare.
Da queste parti, qualcuno ha voluto che, in concomitanza con la realizzazione dell'ennesimo villaggio-paradiso al Borgo Rio Favara, le vecchie glorie del Torino e del Catania, di un Catania che a quei tempi masticava con rabbia la polvere della periferia del calcio, si ritrovassero, per una passerella carica di rimpianti. 
Le vecchie glorie del Catania schierate in campo: da sinistra in piedi
Chiavaro, Malaman, Ceccarini, Dal Poggetto, Morra, Leonardi, il 
massaggiatore Maltese, Ciceri, Panizza, Spagnolo, Battilani; in basso
sempre da sinistra, Spanio, Benincasa, Rappa, Cantone, Ventura,
Labrocca e Fatta
 I volti. I nomi. Noti e meno noti. Eppure i ricordi affiorano, patinati di nostalgia. Alla chiamata di Nino Cantone (catanese purosangue, come il buon Mimmo Ventura, che assaggiò la A negli anni sessanta, come Chiavaro e Angelozzi, figli di quella splendida scuola di calcio che fu l'Interclub: cosa non da poco, in quei tempi di calcio amaro), hanno risposto in tanti.
 Antonio Ceccarini le sue emozioni, la sua commozione, se volete, non esita a consegnarla al cronista: «Mentre l'aereo planava su Catania, dove non tornavo da tempo, il pensiero è andato ad Angelo Massimino, il vecchio presidente, persona unica, irripetibile: ne serbo un ottimo ricordo, così come un ottimo ricordo serbo della città e degli anni che vi ho vissuto».
Calcio di Serie C, prima, ma calcio sincero, genuino. E un pizzico di rammarico: «Non c'ero, nella stagione della promozione in B del Catania di Egizio Rubino, la società mi aveva ceduto all'Avellino: la maglia rossazzurra l'avrei recuperata un anno dopo, in B».
Romano Fogli, ex centrocampista di 
Bologna, Torino e Catania, tra Leornardi
e Chiavaro

Carriera di buon profilo, quella del "rosso": il passaggio ad Acireale, alla corte di Dino Bovoli, il trasferimento a Catania a conclusione di una trattativa che avrebbe portato in rossazzurro pure Fatta, centrocampista palermitano di buona statura, tecnica e tattica.
 Il meglio di sé, però, Antonio Ceccarini l'avrebbe dato con la maglia biancorossa del Perugia: sette stagioni, cinque delle quali in A. «Proprio contro il Catania - ricorda - giocai una delle ultime partite della mia carriera: era la stagione '82-'83».
La stagione, se ci fate caso, della terza promozione in Serie A del Catania, guidato allora da Gianni Di Marzio: «Quella partita, in un Cibali che ribolliva d'entusiasmo, la ricordo come un film dell'orrore per il tragico episodio che la caratterizzò e che rese amara la festa per un Catania che, proprio grazie al successo sul Perugia, s'era assicurato la partecipazione agli spareggi-promozione con Cremonese e Como».
Cantone, Leonardi, Maltese, Morra
e Dal Poggetto
I volti. I nomi. Ciceri e Spagnolo, che un vecchio tifoso rossazzurro, gli occhi lucidi per l'emozione, non aveva mancato di coccolarsi al loro arrivo, sabato sera, a Fontanarossa, al Catania di Angelo Massimino e di Gennaro Rambone e Egizio Rubino regalarono la gioia di una promozione in B. «La retrocessione in C mi aveva segnato - racconta Giampaolo Spagnolo - fu una stagione terribile, quella, anche se mi diede modo di conoscere un personaggio come Memo Prenna: fu l'ultimo degli allenatori a confrontarsi, quell'anno, con un progetto salvezza destinato a fallire».
Nino Cantone con Romano Fogli
Spagnolo sarebbe stato però con Ciceri (36 gol in due) il protagonista dell'operazione rilancio concepita da Massimino, avviata da Gennaro Rambone e portata a termine da Egizio Rubino, l'anno successivo: trentotto partite, una sola sconfitta, una cavalcata esaltante. «Il Catania che oggi si fa rispettare in Serie A suscita entusiasmo ma - puntualizza Ciceri - pure il nostro Catania, il Catania che provava a recuperare le posizioni sulla scala del calcio, riusciva ad infiammare i tifosi: era Serie C, ma ricordo che giocavamo in uno stadio sempre pieno…».
Calcio d'altri tempi, calcio di sentimenti genuini, il calcio-business non l'avevano ancora inventato (e di soldi, dicono un po' tutti, se ne vedevano pochi…) così come non avevano ancora inventato il calcio di tante cronache incomprensibilmente urlate. «Ci è toccata la ventura di essere calciatori in tempi sbagliati», sottolinea Spagnolo. E, stuzzicato, aggiunge: «Le mie serpentine? Gli avversari saltati come birilli? E' passato tanto tempo, restano soltanto i ricordi».
La passione? «Quella - dice Claudio Ciceri - è rimasta intatta, come intatto è rimasto l'amore per una città che ci continua a dare la prova di quanto ci abbia voluto bene…». Sottoscrive la gratitudine, ma ti consegna un grande sogno: «Questa esperienza è stata bellissima, i luoghi sono magici, il calore della gente impagabile: e se provassimo, la stagione prossima, a trasferirla sul terreno del Cibali?».

mercoledì 4 ottobre 2017

Battuto il Monopoli capolista, il Catania ritorna leader

Giovanni Lo Faro

Cuore, grinta, determinazione. Così il Catania ha avuto ragione del Monopoli, che arrivava al Massimino con le insegne di leader del campionato, e toccato la vetta della classifica. Da quanto l’evento fosse lontano c’è già stato che l’ha ricordato, ciò non toglie che, al di là del dato statistico e della cabala (nella stagione 2005-2006 la formazione di Pasquale Marino volò in Serie A), l’evento sia di gran significato, specie considerando da quale tunnel, lungo e buio, società e squadra rossazzurre stiano venendo fuori, come ancora l’amarezza e le mortificazioni degli ultimi anni (dalla retrocessione in B al tonfo in C) restino vive e si facciano, anzi. ammonimenti, nel presente e nella prospettiva di una crescita, che è esigenza avvertita dall’ambiente, e non soltanto.
 Chiaro, non ha ancora vinto niente, il Catania, il campionato è appena partito, e la concorrenza è assai qualificata, a partire da quel Lecce che dell’undici di Lucarelli conta gli stessi punti e che segue, in classifica, solo in virtù della differenza reti, dallo stesso Monopoli, formazione di buona cifra, e da Trapani e Siracusa, prossimo avversario dei rossazzurri, quest’ultimo, dopo il turno di riposo di domenica prossima.
 Cuore, grinta e determinazione. Il Catania ne ha fatto sfoggio nei novanta minuti, anche se non sempre è riuscito ad esprimersi con la qualità che il suo potenziale gli garantirebbe: saggi di gran calcio nella fase d’avvio, soprattutto, in quel tambureggiante assalto che ha frastornato i biancoverdi di Tangorra e dal quale è scaturito un gol tanto bello quanto prezioso (bravo Marchese, un treno lungo l’out di sinistra, e bravo Curiale a farsi trovare pronto), difeso con le unghie e con i denti fino alla fine, quando il Monopoli ha pericolosamente guadagnato campo, sfiorando il pari con un diagonale al fil di palo di Genchi.

 Fase sofferta, è vero, quella finale, il mancato raddoppio (una sciabolata di Russotto, prima del riposo, aveva sorvolato d’un soffio la traversa della porta avversaria, per non dire del gol annullato a Curiale e, soprattutto, della clamorosa occasione mancata dallo stesso attaccante ex trapanese su uno dei tanti traversoni chirurgici del solito Marchese), ha costretto il Catania a serrare un tantino le file, limitandosi a tratti alle ripartenze, almeno fino a quando Lucarelli, attingendo linfa in panchina (Mazzarani e Bucolo soprattutto), non gli ha restituito vitalità ed equilibri. A vuoto gli assalti del Monopoli (la già ricordata iniziativa di Genchi, un paio di conclusioni dalla distanza ma Pisseri, in pratica, è rimasto inoperoso), la festa alla fine è stata tutta rossazzurra.

domenica 1 ottobre 2017

Orgoglio granata, l'Acireale rimonta la Vibonese: 1-1

Giovanni Lo Faro

Due gol-gioiello nel contesto di una partita tutto sommato gradevole, specie nel secondo tempo, quando le due squadre hanno provato a superarsi dopo una prima frazione di gioco sostanzialmente di studio. Pietro Infantino, all’esordio sulla panchina granata, prova a rivoltare la squadra come un calzino. Non c’è Cocimano (assenza, questa, di non poco conto), ma il nuovo nocchiere granata va oltre la necessità di sostituire il suo giocatore più eclettico e la sua mano tocca un po’ tutti i reparti, dalla difesa (ecco Sciannamè al posto di Danone) al centrocampo dove sceglie di puntare su Lo Nigro e Palermo oltre che su Lombardo, esterno di difesa aggiunto in fase di non possesso, e all’attacco dove Scapellato fa reparto con Testardi e Barraco. Quasi una rivoluzione, insomma, con qualche riflesso non pienamente positivo, per lunghi tratti, specie in avvio di ripresa, l’Acireale soffrirà a centrocampo l’uomo in più di una Vibonese ben orchestrata da Obodo. Primo tempo fatto di nulla, più pericolosa la formazione di Sasà Campilongo, ma l’Acireale tiene campo. Qualcosa cambia, invece, nella ripresa, la squadra ospite prende fiato e, di fatto, fa la partita. L’Acireale si procura due buone opportunità con Aloia e Testardi (palo, ma l’azione era viziata da fuori gioco) prima che i rossoblù ospiti colpiscano: da destra Da Dalt, la girata di Allegretti è da applausi. A questo punto Infantino, che nel finale del primo tempo aveva sostituito Scapellato con Aloia, ridisegna il centrocampo, gettando nella mischia Trippa e Gualdi. Acireale sempre sul 4-3-3, arrabbiato, però e deciso a risalire. Il pari di Aloia (splendida deviazione di testa su assist di Barraco) premia giustamente i granata che, nel finale, con Lordi in campo, sfiorano il gol del successo, ma la palla liftata di Barraco su calcio piazzato sfiora l’incrocio dei pali della porta ospite. 
Esultanza granata dopo il gol di Aloia