Orgoglio,
volontà. E cuore, quanto cuore! A quest’Acireale indomito, che cade e si
rialza, si può perfino perdonare quel pizzico (un pizzico?) di follia che spesso
e volentieri l’ha accompagnato nel corso di questa sua splendida stagione e che
probabilmente l’accompagnerà fino al sipario. Qualità (follia compresa: sì, in
certe situazioni, la follia può anche trovare un’accezione positiva) che gli
hanno fatto via via ritrovare la sua gente, la gente che ama i suoi colori e la
maglia granata sente come una seconda pelle.


Acireale non
bello magari, e comunque non bello subito. E non attento come avrebbe dovuto
essere di fronte alla Turris, formazione di ottima cifra, e non povera di
talenti (l’inesauribile Formisano e il fantasista Di Dato, tra questi). Doppio svantaggio,
per un’incredibile leggerezza di Gambuzza e per un’invenzione di Di Dato, d’antologia
il suo gol, e partita chiusa?

L’Acireale,
aduso a situazioni analoghe (doppio svantaggio con la Palmese al Tupparello e a
San Cataldo, di recente), non ha fatto una piega. E nella ripresa ha giocato un’altra
partita. Ci ha messo del suo Pippetto Romano (Leotta in avanti, Savanarola
sulla linea mediana), ma se la squadra tutta non avesse attinto all’orgoglio,
se la sua gente non l’avesse indotta a non rinunciare alla lotta, letteralmente
trascinandola dalle tribune, difficilmente sarebbe riuscita nell’ennesima
esaltante rimonta. Madonia su rigore, poi, dopo un gol-non-gol di un
generosissimo Gambuzza, la zampata in mischia di Savanarola per il 2-2 finale:
applausi per tutti, in campo e sugli spalti.
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