domenica 31 dicembre 2017

IL CATANIA FALLISCE ANCORA L'OCCASIONE PER AVVICINARE IL LECCE: LA CASERTANA PASSA CON MERITO AL MASSIMINO

Giovanni Lo Faro
La Casertana come la Leonzio. Le sconfitte del Catania al Massimino risultano sovrapponibili, oltre che nel risultato (1-2 in entrambi i casi), nelle ragioni che le hanno determinate e, in qualche modo, spiegate. Ragioni tattiche (la scelta del 3-5-2 sul quale erano state costruite le due ultime affermazioni esterne, a Rende e a Fondi), tecniche (la condizione non proprio brillante di alcuni uomini), lo stato di salute di un gruppo falcidiato, negli ultimi tempi, dagli infortuni (Russotto e Djordjevic ma anche Caccetta, Di Grazia e Lodi, frettolosamente recuperati e lanciati nella mischia nel disperato tentativo di evitare una sconfitta che non potrà non lasciare il segno) e, fors’anche, un insospettato calo di condizione?
Fatto sta che il Catania visto in campo oggi contro la Casertana in una partita da vincere a tutti i costi per ridurre al minimo le distanze dal Lecce capolista non è sembrato neanche parente lontano di quello che era stato capace, a Rende e a Fondi, di rispondere con orgoglio alle critiche (e ai fischi) del dopo Matera. Fischi che, invece, hanno accompagnato ancora una volta i rossazzurri all’uscita dal Massimino al termine di una prestazione deludente e dopo una sconfitta che lascia sicuramente riflettere sulla tenuta mentale di un gruppo che sarà forte, sì, ma non al punto da arrivare puntuale agli appuntamenti cruciali, la gara di Trapani, la madre di tutte le partite, come da qualche parte si disse e si scrisse alla vigilia, e quest’incredibile amarissimo passaggio con la Casertana. 
Che ieri ha giocato la partita perfetta, aggredendo il Catania con un 4-2-3-1 ben articolato e funzionale che è riuscito a garantirle, grazie anche all’eccellente tenuta di alcuni elementi fondamentali dello scacchiere (De Rose, Rajcic, Turchetta, Padovan), il giusto equilibrio tattico.
 Basti pensare che, nella prima frazione di gioco, quella che in pratica ha deciso la partita, le iniziative d’offesa più pericolose sono state quelle della formazione di D’Angelo, eccezionalmente prolifica, e mai in affanno davanti ai tentativi di offesa avversari. 
Tutt’altro che casuali i due gol di Padovan, con un Catania in sofferenza sulla linea difensiva, impegnata severamente dalle incursioni di Turchetta, D’Anna e Carriero, e quasi mai pericoloso sul fronte d’attacco. Fino a quando, almeno, Lucarelli non ne ha corretto l’assetto, arretrando Esposito su Turchetta e passando dal 3-5-2 iniziale ad un 4-3-1-2 che, nelle intenzioni del tecnico, doveva valorizzare le qualità di Mazzarani. Di fatto, il Catania risultava un tantino più efficace in offesa, fino a trovare il gol con una bordata di Fornito ben ispirato proprio da Mazzarani. 
Sull’1-2 s’è inutilmente sperato che i rossazzurri ritrovassero la loro abituale espressione di gioco, ma le buone opportunità create da Bucolo (bella iniziativa personale con palla di poco sulla traversa), di Mazzarani (bravissimo Cardelli sulla punizione del trequartista romano), Ripa e Curiale (nell’un caso e nell’altro su inviti di Semenzato) non sortivano l’esito sperato. Così come non incidevano sulle sorti dell’incontro gli innesti di Di Grazia (abbastanza vivace anche se non al meglio), di Caccetta, di un impalpabile Lodi  oltre che di un volenterosissimo Manneh. Casertana in trionfo, Catania costretto a giocarsi tutto o quasi a Lecce, alla ripresa del campionato.


domenica 17 dicembre 2017

DERBY SPETTACOLO AL TUPPARELLO, L'ACIREALE CI METTE IL CUORE: 2-2 CON DOPPIETTA DI ALVAREZ

Giovanni Lo Faro



L’Acireale si rimette in sella, dopo la brutta caduta di Cittanova. Rocambolesco il pari con il Gela, in vantaggio di due gol a poco più di un quarto d’ora dalla fine, ma risultato giusto, che premia i meriti della formazione granata, protagonista di una buona prestazione e capace, con un’incredibile vampata d’orgoglio, di evitare, una sconfitta che davvero non ci stava e che sicuramente non avrebbe meritato. 
Nel due a due finale si specchiano, occorre riconoscerlo, pure i meriti del Gela che, trovatosi in vantaggio per una sfortunata deviazione di Schiavino (testa a testa con Moi su azione d’angolo, e pallone pizzicato quel tanto ch'è bastato per superare la guardia di Barbieri), è riuscito a controllare la furiosa reazione della squadra di casa, che ha subito sprecato un rigore (fallo su Tumminelli) con Barraco e  fallito un paio di buone occasioni (bravo Biondi su incornata dell’esordiente Schiavino e poi su una conclusione di Manes) prima che l’ottimo Bonanno, già apprezzato nella gara di Coppa, centrasse l’incrocio dei pali con Barbieri immobile. 
Nella ripresa, Infantino prova a modificare l’assetto della squadra, Pannittersi su Lombardo, ma la novità più significativa sta nell’assetto della prima linea, con Cocimano larghissimo a sinistra, Tumminelli pendant sulla fascia opposta e il giovane Pannitteri a ridosso del venezuelano Alvarez. L’Acireale cresce nella fase di offesa, ma si scopre un tantino nelle retrovie, dove continua a subire le folate di Chidichimo, Sekam e Maniscalchi. Su una di queste, il Gela trova il raddoppio con Bonanno, uno dei suoi uomini migliori: partita chiusa? 
Macché, l’undici di Infantino non molla, anzi ritrova lucidità e vigore, e mette alle corde l’avversario. Barraco manca un gol quasi fatto, poi inventa un assist per Alvarez, bravo a correggere di testa a rete. 1-2, l’Acireale ci crede: Cocimano lotta a testa bassa, subisce fallo in piena area, Loffredo indica il dischetto. Tocca ad Alvarez, stavolta: il tocco è preciso, la sfera si adagia in rete, alla sinistra di Biondi. Pareggio e punto d’oro, alla vigilia della lunga sosta e, quel che più conta, la conferma che l’Acireale c’è.

lunedì 11 dicembre 2017

Catania, soltanto un punto (e i primi fischi della stagione) con il Matera: il Lecce mantiene le distanze.

Giovanni Lo Faro


Più Matera che Catania. Anzi, soprattutto Matera, Sulla passerella, ieri sera, al Massimino, è salita la formazione lucana, protagonista pressoché indiscussa dei novanta minuti, grazie alle scelte, tecniche e tattiche, del suo tecnico, il siracusano Auteri. Lasciati inizialmente in panchina Corado e Duganozic, Auteri ha scommesso su Strambelli e Sartore, due piccoletti dal passo svelto e dall’eccezionale duttilità tattica, specie il primo, una sorta di uomo-qualunque, efficace nel sostegno all’azione di offesa (un paio di conclusioni dalla distanza avrebbero meritato sorte migliore) ma capace anche di garantire adeguati contributi ad un centrocampo agile e manovriero. 
Non c’è stato chi, sulle tribune, non abbia apprezzato il fraseggio dei giocatori ospiti, capaci di tenere palla per lunghi tratti e di proporsi in offesa con apprezzabile continuità: angoli e occasioni a loro favore (due conclusioni dalla distanza di Giovinco e Strambelli, soprattutto), nella prima frazione di gioco, con il Catania incapace di andare oltre una rapida incursione di Russotto e una combinata Di Grazia-Curiale con l’ex Trapani in gol ma in posizione di offside. 
Il gol di Sartore, così, in avvio di ripresa (Pisseri, nulla da farti perdonare?), è parso l’esito naturale di  una chiara superiorità di manovra di De Falco e compagni. In svantaggio, il Catania, che prima del riposo aveva perso Russotto per infortunio (in campo, un buon Fornito), si è scosso, ma dalla girandola di sostituzioni operate da Lucarelli (Esposito su Semenzato, Mazzarani su Ripa) non è che abbia ricavato granché, il Matera è rimasto in partita, e ha rischiato anzi di raddoppiare (punizione di Giovinco, palla sul palo destro della porta di Pisseri).
 Poi, improvviso, il pari di Curiale, lesto a uncinare una palla vagante poco dentro l’area e di battere Tonti. Sull’uno a uno, il Catania ha provato a caricare, ma, nonostante l’impegno profuso, non gli è riuscito di andare oltre una bella punizione di Lodi, con Lotti a salvarsi con l’aiuto del palo. Null’altro, se non l’infortunio di Lodi (salterà Rende?) e i fischi finali. I primi dell’anno, al Massimino.

domenica 3 dicembre 2017

L'Acireale oltre ogni limite: vittoria e secondo posto



Giovanni Lo Faro
In un momento cruciale per il suo futuro, al limite delle risorse tecniche (in diciassette appena nella lista dei convocati dopo la grave emorragia tecnica delle ultime due settimane connessa alla grave crisi societaria: dopo Testardi, via pure Di Maio, Gualdi e Sciannamè) ma non certo in deficit d’orgoglio, contro un Portici affatto arrendevole, l’Acireale di Pietro Infantino gioca praticamente la partita perfetta. E centra una vittoria che bagna nel modo migliore la nascita della nuova società (visti, in tribuna, Gugliotta e Micali, il neopresidente Drago e Gianluca Cannavò, anima di un processo di rinascita che pare bene avviato, ma anche il sindaco Barbagallo e, chissà perché, Cutrufo, presidente del Palazzolo) e lo spinge al secondo posto in classifica alle spalle dell’irresistibile Troina di Peppe Pagana. 
Due a zero, al triplice fischio, al Tupparello, in un tripudio di entusiasmo che non ha mancato di contagiare anche la “fredda” tribuna, tutta in piedi al pallonetto di Palermo che ha messo in ghiaccio il risultato e reso vano l’assalto finale dell’undici biancoceleste di Vincenzo Maiuri.

Visto, nei due tempi, un buon Acireale, perfetto o quasi, se si eccettua il calo di tensione, con conseguente sbandamento, d’avvio ripresa, quando c’è voluta tutta la bravura del giovanissimo Barbieri per neutralizzare due velenosissime sortite in avanti degli avanti campani. Un blackout, questo, che non inficia minimamente la bella prova della formazione granata, disposta da Infantino con un 3-4-3 che, nell’occasione, ha esaltato le ottime qualità di Manes e Lordi, impeccabili puntelli di una terza linea a tr nella quale ha recitato bene la sua parte il giovane Tumminelli. A proposito di giovani, i novanta minuti hanno esaltato soprattutto le doti di Dadone, irresistibile, nelle due fasi, lungo l’out di sinistra, e Pannitteri che sono stati bravi a fare salire la squadra nei momenti più delicati. Sapiente la regia di Lo Nigro (confesso di non averlo mai visto sui livelli di ieri, per continuità d’azione e saggezza tattica), così come efficacissimo è risultato, nella girandola finale delle sostituzioni, quel gioiellino di scuola trapanese che risponde al nome di Palermo. Ma tutti, dico tutti, i granata si sono espressi su livelli notevoli, da Aloia (gran gol sull’imbeccata di un insostituibile Barraco) a Cocimano, a Scapellato, a Lombardo, subentrato nel finale: tutti votati alla causa, tutti votati al sacrificio. E tutti accomunati, alla fine, nel tributo d’applausi e di cori della “torcida” del Tupparello.