Cristiano
Lucarelli, apprendista allenatore come qualcuno ha detto nei giorni scorsi e
come egli stesso ha riconosciuto nel dopopartita di ieri, l’ho incrociato nel
lungo corridoio che collega la tribuna stampa con gli ascensori che conducono agli spogliatoi del Massimino. Mancavano 3’ alla conclusione di Catania-Lecce, i rosssazzurri,
dopo il gol di Russotto che aveva blindato la partita, viaggiavano spediti
verso la vittoria, resistendo agli ultimi tentativi dei salentini di rimettere
in discussione il risultato. M’è parso, banale ma è così, un leone in gabbia.
Un occhio al campo, dove scorrevano gli ultimi fotogrammi di una gara bellissima, poi avanti e indietro tra il bar e il box, nella penombra. D’obbligo
i complimenti, d’obbligo una stretta di mano, il tecnico livornese, uomo che
sul campo è stato protagonista di tante battaglie, m’è parso come un ragazzino
che attendeva l’esito dell’esame. Un esame superato a pieni voti, stavolta (e in giacca a cravatta: casuale?).
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L'espulsione di Lucarelli (foto Barbagallo) |
Bel
Catania quello consegnato al pubblico del Massimino nell’occasione della sfida
con il Lecce, figlio di scelte lucide e razionali, esito delle chiare
indicazioni del campionato e di una condizione che s’avvia a raggiungere gli
standard programmati, oltre che dell’urgenza di un risultato da non mancare per
non alimentare polemiche e, soprattutto, per non spegnere sul nascere il
ritrovato entusiasmo della piazza
rossazzurra.
Eravamo in …diecimila alla stadio. Non i centomila che
cantava Celentano e neanche i ventimila della Serie A malamente perduta or non è
molto, ma dieci mila cuori hanno ieri trepidato come ai tempi belli, diecimila
voci hanno cantato, levando al cielo i cori e la gioia ritrovata. Uno, due, tre.
E firme d’autore: Biagianti, protagonista brillante dopo lunga anticamera, Marchese
e Russotto, tre sberle che hanno intontito un Lecce duro a morire,
orgogliosamente consapevole della sua forza ma forse un tantino presuntuoso nel
pensare - o no? – che di quell’undici
rossazzurro che si era fatto ingenuamente raggiungere dal Fondi all’esordio e
che aveva perso malamente a Caserta
avrebbe potuto disporre a piacimento.
Vittoria meritata ma, ripeto, condita - ed è quello che
più conta - da indicazioni positive, a partire dalle scelte tecniche iniziali
(benissimo Esposito lungo l’out di destra, pendant di un ritrovato Marchese
restituito alla fascia di competenza) e da quelle operate nel finale quando la
squadra aveva troppo abbassato il baricentro e la manovra a quel punto
arrembante di un Lecce ferito, arrabbiato e mai domo rischiava di soffocarla
(grande Pisseri, in questa fase).
Tre gol, tre perle, tre punti d’oro: la
strada è ancora in salita, l’obiettivo è lontanissimo, ma questo Catania per
come s’è rialzato dopo l’incredibile scivolone di Caserta piace. E anche tanto.